Fiori - Recensione di Oliver Alex Fabbro

Ci sono mattine che iniziano sempre allo stesso modo: ti alzi, vai a lavoro, controlli la posta e cerchi di portare a casa qualcosa.
Ci sono altre mattine che ti sorprendono come un amico che senza spinte editoriali o doveri professionali ti invia la sua recensione personale sul tuo nuovo disco.
Noi la pubblichiamo così come è: dritta e spietata. Grazie.

" Wonder Vincent, salite e discese Himalayane, non è la tua band se ascolti i Pooh. Questa è roba cattiva, come una folla pronta a calpestarti, è una marcia roboante verso la dannazione. Parte la prima traccia di Fiori, il secondo album della band, e ti accorgi in un istante, se hai ascoltato il primo disco, che è follia pura. L'esordio è come una potente moto da corsa, non so se mi spiego, in pista, per esibirsi con manovre e sorpassi al limite. Fiori quel limite l'ha superato. 
Questi Wonder Vincent sono la versione cattiva di se stessi e se ci pensi è micidiale. Da Perugia con furore questo quartetto sembra vivere di rock, li immagino a dormire in sala prove trascegliendo continuamente idee dalla loro inesauribile fucina di genialità. Un lavoro pazzesco. Ci vuole un energia infinita e, in Fiori, tutto ciò ribolle in un altissimo concentrato esplosivo. E' una giostra da paura. Stridono le corde, si sovrappongono le voci, sboccia l'elettronica, incalza la batteria, sfuma, sovrasta, ricama. E' una cosa che mi lascia secco. Questo album è' un Monster Truck alla fiera dell'auto d'epoca di Poggibonsi, tanto per dirne una, non so se capite. E' qualcosa fuori dall'ordinario, che non ascolterete al supermercato mentre leggete le calorie della minestra surgelata. E' qualcosa che va oltre l'umana percezione, se ci pensi si dovrebbe entrare nelle loro menti per capire fino in fondo cosa si cela dietro ogni nota, ogni parola pronunciata con derisione o con malvagità. 
Questi fiori non li puoi cogliere in un campo a primavera e nemmeno ammirarli in un quadro di Jan Brueghel. 
Questi fiori non hanno odore se non quello del sangue perché non sono fiori, ma fori di proiettile. I loro petali sono carne lacerata, i pistilli buchi neri. Un filo di fumo si leva ancora dai bordi bruciacchiati. Sono i fiori del male di Baudelaire. 
Dopo aver ascoltato questi nuovi Wonder ho spento la radio per una settimana. 
L'eco ancora si fa sentire ai margini, così a volte ripenso a quando ho cominciato a seguire questi ragazzi. Avevano una sorta di ingenuità post-adolescenziale nelle loro melodie, che ora sono sbocciate in tutta la loro bellissima violenza. Hanno fatto un viaggio ai limiti del caos, i Wonder Vincent, e sono tornati come Ulisse dall'Ade, sceso per scoprire quale destino lo attendesse. Preparate quindi il vostro sacchetto per il vomito perché questa giostra è un delirio e non si fermerà solo perché voi siete deboli di stomaco."

Oliver Alex Fabbro
oliver_ax@yahoo.it

Marzo 2015 - fine registrazioni "Fiori"